Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza n. 23474 pronunciata il 27 maggio 2025 e depositata il 18 agosto 2025, hanno accolto il ricorso proposto, per motivi attinenti la giurisdizione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 1 c.p.c., da alcuni utenti residenti e, quindi, cassato la sentenza impugnata e dichiarato la giurisdizione commissariale. Evidenziano, infatti, in linea con la giurisprudenza di legittimità in materia, che la giurisdizione del Commissario agli usi civici sussiste quando, come nel caso di specie, la domanda è avanzata dai ricorrenti in qualità di utenti del demanio civico e non si esaurisce nella impugnazione di provvedimenti amministrativi dispositivi di terreni collettivi ma “si estende all’accertamento della natura demaniale civica dei terreni, la cui riaffermazione … oltre a rappresentare la premessa logico-giuridica della dichiarazione d’illegittimità delle determinazioni impugnate, costituisce, in definitiva, la reale finalità”: “la contestazione del potere dell'Amministrazione comunale di disporre la legittimazione e l’ablazione dei terreni non costituisce quindi il fine della domanda giudiziale, ma il mezzo per ottenere la riaffermazione della destinazione ad uso civico, il cui accertamento non può aver luogo in via meramente incidentale, richiedendo invece una pronuncia idonea ad acquistare autorità di giudicato”. E le Sezioni Unite ribadiscono che nell'ambito delle controversie devolute alla sua cognizione, “al Commissario spettano tutti i poteri ordinariamente riconosciuti al Giudice ordinario, ivi compreso quello di disapplicare gli atti amministrativi illegittimi, ai sensi dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, inclusi eventuali provvedimenti di sclassificazione, in quanto incidenti sulla qualitas soli”.
Con la sentenza n. 125 pronunciata il 21.05.2025 e depositata il 24.07.2025, la Consulta, richiamando la precedente giurisprudenza costituzionale ed in linea con questa, ribadisce l’essenzialità del riconoscimento al Commissario agli usi civici di un potere officioso di impulso processuale. Ciò al fine di un’adeguata tutela dell’ambiente. La ratio del potere d’ufficio del Commissario si rinviene, infatti, come evidenziato dalla Corte costituzionale, dalla condizione paesaggistico ambientale dei beni civici che, così considerati, necessitano di una tutela sovralocale ovvero nazionale che è garantita proprio dall’iniziativa officiosa commissariale: la natura nazionale dell’interesse protetto non permette di accontentarsi dell’iniziativa di soggetti privati e di organi regionali o locali, che degli interessi di respiro nazionale non sono – giuridicamente e logicamente – portatori. Con la conseguenza che, in difetto di una previsione legislativa statale che conferisca ad altro organo dello Stato il potere in questione, quello del Commissario agli usi civici deve essere tutt’ora salvaguardato.
Con sentenza n. 337 del 2 luglio 2025 il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – sede L’Aquila ha accolto il ricorso avverso un provvedimento comunale di diniego presentato da un utente residente che, a differenza degli anni precedenti, si era visto rigettare dal Comune la propria istanza di esercizio del diritto civico di pascolo sul demanio civico per la stagione estiva 2020 per carenza dei requisiti introdotti dalla normativa regionale entrata in vigore nell’aprile di quell’anno e precisamente dall’art. 16, comma 3 bis della L.R. Abruzzo 3 marzo 1988 n. 25 inserito dall’art. 9 della L.R. Abruzzo 6 aprile 2020 n. 9. Tale disposizione regionale, infatti, nel disciplinare il diritto civico di pascolo e il suo esercizio, lo concede solo ai residenti titolari di specifici requisiti e addirittura lo attribuisce a terzi estranei alla comunità titolare.
Nel ricorso introduttivo, pertanto, veniva dedotta l’illegittimità costituzionale della predetta disposizione, anche esplicitamente prospettandone la relativa questione, ravvisando che tale norma determina la lesione da parte della Regione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di «ordinamento civile» (art. 117, secondo comma, lett. l Cost.) e si pone in contrasto con i principi fondamentali fissati dal legislatore statale in materia, in particolare con i principi di cui all’art. 26 della legge 1766 del 1927 e all’art. 1, comma 1, della legge 168 del 2017.
E proprio sulla base dei predetti profili censurati, con sentenza n. 228 del 2-9.12.2021 la Corte costituzionale, investita della questione con ricorso n. 52 del 12 giugno 2020 del Presidente del Consiglio dei Ministri, dichiarava l’illegittimità costituzionale della suddetta norma regionale abruzzese.
Conseguentemente il Tar adito ha accolto il ricorso e annullato il diniego comunale impugnato.
Da Il Messaggero, Ciociaria editoriale oggi, anagnia.com, La Provincia Frosinone del 2.04.2024
La collettività Fiuggina, dopo quasi 100 anni, rientra nella piena proprietà di un tesoro inestimabile: “sentenza storica”
Da Ciociaria Editoriale Oggi del 08.09.2021
«Un ulteriore grande risultato per la tutela del demanio civico di Castelliri. La collettività vince ancora grazie alla competenza e tenacia dell'avvocato Claudia Federico». A comunicare con gioia il risultato è il portavoce del comitato sugli usi civici Danilo De Gasperis, che da anni si batte, in prima linea, per l'annosa vicenda.
Con sentenza n. 50 dell’11.12.2020 il Commissario agli usi civici di Roma ha accolto il ricorso presentato da alcuni cittadini residenti di Sezze (LT) accertando la demanialità civica di un compendio di quasi 90 ettari e dichiarando, conseguentemente, la nullità degli atti dispositivi ivi intervenuti con ordine di reintegrazione. Con tale sentenza, inoltre, il Commissario ha dichiarato il diritto dei naturali all’esercizio degli usi civici di pascolo illegittimamente compressi da regolamenti regionali e comunali che, quindi, ha disapplicato. Tale sentenza costituisce una importante vittoria che dimostra che le collettività, riscoprendo i propri antichi territori, possono fronteggiare e scongiurare le privatizzazioni permettendo così il mantenimento e la tutela degli assetti fondiari collettivi costituenti il polmone verde d’Italia. Tale sentenza è stata, inoltre, accolta con grande soddisfazione in quanto in essa risulta pienamente confermata la difesa nonché la tesi dell’Avv. Claudia Federico, recentemente anche esposta alla 26° Riunione Scientifica organizzata dal Centro studi e documentazione sui demani civici e le proprietà collettive di Trento del 19 e 20 novembre scorso, secondo cui l’estensione regionale del divieto statale di pascolo di cui all’art. 10 della legge 353/2000 ad aree percorse da fuoco non indicate dal legislatore statale, incluse quelle pascolive, è illegittima in quanto, avendo una diretta incidenza sui diritti civici di pascolo e sul loro esercizio, costituisce una indebita invasione in materia di competenza esclusiva statale.
Nonostante il grave periodo epidemiologico che stiamo vivendo, la difesa della proprietà collettiva non si ferma e la comunità di Foggia ottiene una grande vittoria con la sentenza n. 1 del 27.04.2020 con cui il Commissario agli usi civici di Bari, in accoglimento del ricorso presentato a favore della collettività, ha riconosciuto, per la prima volta dopo più di due secoli, la natura demaniale civica del famoso Bosco dell'Incoronata e del fondo anticamente denominato Mezzana della Madonna con conseguente declaratoria di nullità delle vendite effettuate dal Comune che, invece, riteneva tali territori appartenenti al proprio patrimonio disponibile.
Con tale sentenza la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzioanle dell’art. 53 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010 in quanto, nel disporre la cessazione-estinzione dei diritti di
Come espressamente evidenzia, tra l'altro, la Consulta "Questa Corte non ignora il fenomeno dei reiterati interventi legislativi regionali (ex plurimis, sentenze n. 178 e n. 113 del 2018; n. 103 del 2017 e n. 210 del 2014) – analoghi a quello oggetto del presente giudizio – in violazione dei princìpi costituzionali applicabili alla materia degli
Nella sentenza 113 del 2018 la Consulta ha sottolineato che la Regione Lazio, con l’art. 8 della LR Lazio 03.01.1986, n. 1 come modificato dalla L.R. 18.02.2005, n. 11, ha invaso l'ambito di competenza statale incidendo nella materia tutela dell'ambiente di cui all'art. 117 lett. S Cost. (la Corte sottolinea inoltre che "la trasformazione del demanio in allodio, oggi (è) incompatibile con la conservazione ambientale") ma ha anche invaso la competenza statale esclusiva nella materia dell'ordinamento civile andando a disciplinare il regime della titolarità e dell'esercizio di diritti dominicali sulle terre civiche. E al riguardo la Corte è chiara: "L 'art. 66 del dpr 616 del 1977 che ha trasferito alle Regioni soltanto le funzioni amministrative in materia di usi civici, non ha mai consentito alla Regione... di invadere con norma legislativa la disciplina dei diritti, estinguendoli, modificandoli o alienandoli”. In tal modo è stato espressamente chiarito l’ambito di competenza regionale in materia che, quindi, va enormemente ridimensionato rispetto a quello che nel tempo le Regioni si sono prese, non potendo le stesse prevedere sclassificazioni e limitazioni di alcun tipo dei beni e diritti civici.
Con la sentenza 6243 del 2019 la Suprema Corte di Cassazione sottolinea che le "verifiche demaniali in materia di usi civici (...) hanno finalità accertative, basandosi sulla ricostruzione di dati storici, usi e titoli, e non costitutive, con l'effetto che al loro esito ad ai provvedimenti amministrativi che li recepiscono non possono essere (...) attribuiti effetti costitutivi inoppugnabili, vale a dire il valore di titolo autonomo ed incontestabile del diritto esercitato. Ne discende (...) che, in presenza di un contenzioso sulla qualitas soli, al Commissario spetta anche il potere di disapplicare gli atti amministrativi che in ipotesi si pongano in conflitto con il proprio accertamento. La circostanza, pertanto, che nel caso di specie fosse stata istituita per la gestione delle terre in contestazione la nuova A.S.B.U.C., così attribuendo alla frazione comunale una propria soggettività giuridica diversa ed autonoma da quella del comune, con conseguente capacità processuale distinta, (...) non autorizzava il giudice ad arrestare il proprio accertamento all'esistenza del suddetto dato formale, ma doveva portarlo a pronunciarsi sulla domanda avanzata dal Comune ricorrente di accertamento della natura del demanio collettivo, se frazionale o comunale, quale controversia sulla qualitas soli, e sulla conseguente spettanza del potere di gestione dei terreni soggetti ad uso civico". Non si può, infatti, secondo la Suprema Corte, "escludere a priori la legittimazione del Comune a chiedere l'accertamento dell'esistenza di diritti di uso civico che esso assume presenti nel proprio territorio e di sua spettanza in ragione del fatto che la gestione delle terre in questione erano state assegnate alla resistente della A.S.B.U.C., attribuendo così efficacia preclusiva all'atto con cui essa era stata istituita ed altresì alla pregressa istruttoria demaniale svolta dalla Regione". Sottolinea poi la Corte che l'accertamento richiesto costituisce "una questione di merito, attinente alla titolarità del rapporto controverso (...) il quale va affrontato e risolto sulla base della prospettazione della domanda" : "nel contenzioso sulla qualitas soli in materia di usi civici, devoluto alla giurisdizione commissariale, rientra anche <<la domanda concernente la questione della natura del demanio collettivo - se comunale o frazionale - e quella relativa all'ente legittimato a gestirlo, attenendo esse alla determinazione della natura e della estensione di tali diritti, dovendosi quest'ultima nozione intendere non solo in senso spaziale - vale adire riferita all'ambito territoriale in cui tali diritti operano - ma anche soggettivo, in quanto l'individuazione dei soggetti coinvolti nella gestione costituisce il corollario della natura, comunale o frazionale, dei diritti stessi
L'esistenza di un provvedimento amministrativo incidente su un terreno di proprietà collettiva non esclude, per ciò solo, la giurisdizione commissariale.
Nella sentenza n. 5644 del 2019 le Sezioni Unite ribadiscono che “le questioni che possono essere portate davanti al Commissario sono anche quelle che attengono alla permanenza della qualità o alla modificazione o estinzione del relativo pregio giuridico dei terreni (la loro natura civica o allodiale), sicché il fatto che alla data dell'introduzione del giudizio commissariale era certo che le terre erano state mutate nella loro qualità non esclude che chicchessia potesse giudizialmente muovere obiezioni e che, per questo solo fatto, fornisse titolo proprio al Commissario per ius dicere”.
Nella sentenza n. 17 del 2018 il Commissario evidenzia che “L’illegittima compressione dell’esercizio degli usi civici, seppure per un tempo determinato, costituisce contestazione implicita della loro natura impedendo il loro godimento in conformità della loro destinazione”
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